IL SEGRETO DEL MAGO / 1

Nell’anno 1220 della salutifera Incarnazione, nello stretto vico dei Cortellari, che come ognuno sa, apparteneva al seggio di Portanova, v’era una casuccia magra ed alta, dalle piccole finestre, aventi i vetri sporchi ed impiombati e all’ultimo piano della casa abitava Cicho il mago.

Cicho intendeva a opere magiche; durante la notte, mai si spegneva la lampada della stanzuccia dove egli studiava su grossi volumi di manoscritti a fermaglio, tolti da una polverosa scansia, mai cessava d’uscire, dalla cappa nera del suo focolare, un filo di fumo e la sua stanza era piena di storte, di lambicchi, di fornelli, di singolari coltelli in tutte le forme e di altri istrumenti in ferro destinati ad usi paurosi.

Ora accade che sul terrazzino di Cicho il mago sporgesse anche una porticina di una stanzuccia dove abitava, con suo marito guattero, Jovannella di Canzio e malgrado le precauzioni di segretezza adoperate da Cicho il mago, malgrado le porte chiuse, le finestre sbarrate, la Jovannella seppe il segreto dello stregone. Fosse stato per buco di serratura, per fessura di porta, per foro nel muro, o per altro, io non so. Ma è certo che un giorno la trionfante Jovannella disse al guattero marito: – Ascolta. Vuoi tu dire al cuoco di palazzo che io conosco una vivanda di così nuova e tanto squisita fattura da meritare l’assaggio del re?

E con molte sue persuasioni lo indusse a parlarne col cuoco, che a sua volta ne discusse col maggiordomo, il quale ne tenne parola con un conte, che osò dirne al re.

Piacque al re la novella e dette ordine che la moglie del guattero si recasse nelle reali cucine e componesse la prelibata vivanda: infatti la Jovannella accorse prontamente e in tre ore ebbe tutto fatto. Ecco come: prese prima fior di farina, lo impastò con poca acqua, sale e uova, maneggiando la pasta lungamente per raffinarla e per ridurla sottile sottile come una tela; poi la tagliò con un suo coltellaccio in piccole strisce, queste arrotolò a forma di piccoli cannelli e fattane una grande quantità, essendo morbidi ed umidicci, li mise a rasciugare al sole. Poi mise in tegame strutto di porco, cipolla tagliuzzata finissima e sale; quando la cipolla fu soffritta vi mise un grosso pezzo di carne; quando questa si fu crogiolata bene ed ebbe acquistato un colore bruno-dorato, ella vi versò dentro il succo denso e rosso dei pomidori che aveva spremuti in uno straccio; coprì il tegame e lasciò cuocere, a fuoco lento, carne e salsa.

di Matilde Serao (riduzione)

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