A SPASSO CON MINIEL E ALBERT

Bon jour mon ami! Spero che tutti Voi cari lettori stiate bene. Sono stato a Milano qualche giorno fa e non posso davvero esimermi dal raccontare come sono andate le cose.
Ero lì per il compleanno di un mio nipote, si chiama Giuggiolòt e che dio lo benedica ha appena compiuto cinque anni. Insomma, alloggiavo a Milano, da Miniel ed Albert, una coppia di amici, francesi anche loro, che lavorano da anni nel campo della moda. Era la settimana delle sfilate e c’era un bel po’ di foule, di folla parbleau! Traffico, confusione. Non ci sono più abituato.
Da quando mi sono trasferito in campagna poi, tollero sempre meno il rumore di fondo, quel disturbo che in città è perpetuo e che anestetizza il cervello diventando bruit blanc, rumore bianco. Ad ogni modo, Milàn l’è un gran Milàn, soprattutto per quanto riguarda il cibo. Devo dirlo. Si mangia davvero bene. Ed è una meraviglia lasciarsi accompagnare nei posti che chi la vive ogni giorno scopre volta per volta.
Per la nostra prima cena, quella del venerdì, Miniel aveva prenotato da ONest, una piccola trattoria che si lascia percepire come una sorta di appendice per abitazioni spesso molto piccole. È aperto tutto il giorno, sin dalla colazione. Ci si può andare se si ha bisogno di un posto tranquillo per lavorare, sorseggiando una tisana o un caffè americano. Ci si può andare a pranzo, nel pomeriggio o la sera per una cena informale, come abbiamo fatto noi.
Siamo usciti, quindi, a piedi. Il clima era secco e i miei acciacchi non emanavano un fiato.
Un viale pieno di platani, dove le auto sfrecciavano veloci, poi le stradine laterali, silenziose, graziose, piene di palazzi eleganti, ognuno diverso, le ringhiere, i portoni, i colori, le architetture, gli stili, le fasi, le evoluzioni. Camminare a Milano è un continuo osservare, capire, conoscere, ammirare. Alle nove in punto eravamo seduti al nostro tavolo, in via Turroni 2. Dopo aver parlato un po’ delle ultime professionali reciproche, il cameriere garbatamente ci interrompe per conoscere del nostro appetito. Ci affrettiamo a consultare il menu (che cambia ogni giorno), ma al solito resto incantato davanti all’elenco delle portate. Le visualizzo una alla volta, ne immagino e comprendo la consistenza, poi il sapore, il gusto. Ci sto tre ore.
Miniel mi riporta al tavolo con un colpo secco e così scegliamo un mix di antipasti composto da humus di lenticchie, insalata giardiniera e uno speciale speck veronese. A seguire, io scelgo la faraona con verdure al vapore, mentre Miniel e Albert scelgono la Leccia laccata, un pesce mediterraneo poco conosciuto.
Il servizio è rapido e impeccabile e le portate una autentica prelibatezza. L’insalata giardiniera era fatta da loro e aveva un colore rosato per via dei ravanelli che tingevano del loro rosso dominante, era fatto da loro anche l’ottimo humus, leggermente piccante e insolito, per via delle lenticchie, che hanno un sapore più delicato rispetto a quello dei ceci.
Ma la cosa che più di ogni altra ha indelebilmente impressionato le mie anziane papille gustative è stato il pane che questi ragazzi sono capaci di fare. Il pane di ONest è di quelle cose che ti tolgono il fiato. Inaspettato, sorprendentemente autentico, leggero, lieve, soave… Al primo morso non sei più nella metropoli della produttività, proiettato verso un futuro di successo, con i capelli impomatati e l’abito su misura in stile Wolf of Wall Street, ma torni ad avere dieci anni, e fuori dalla stanza nella quale ti trovi ci sono le viuzze di un paesello dai colori sbiaditi, un po’ ricoperto di quella stessa farina che ora ti fa vibrare la memoria, il tempo non esiste e andrà tutto bene.

antoineigos@gmail.com

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