COMPETENZE AL RIBASSO E NUOVI ESPERTI

Lo studio non serve a nulla”, “l’ho letto su Internet”, “allora chi non ha studiato non può esprimere la propria opinione?”, “ho letto ciò che scrivi, ma non reputo le tue fonti attendibili”; non sono che alcuni dei commenti in cui è possibile imbattersi nel sempre più ‘wild’ Web, sui social network, laddove l’opinione sembra ormai (da anni!) voler scalzare la genuina conoscenza. Oramai sappiamo che chiunque, armato del proprio arsenale ‘made in Web’, quando non ‘made in Facebook’, può elevarsi a politico, virologo, costituzionalista, esperto di geopolitica, statista, economista e numerosi altri ‘ologo’ e ‘ista’. La verità è che l’avvento del Web non ha ridipinto solo i confini di isole felici, ma ha anche generato fenomeni sociali tutt’altro che di scarsa rilevanza. A scanso dei considerevoli vantaggi che l’innovazione mediatica ha apportato, e che comunque competono assai più alle generazioni del secondo millennio, vi è una serie di effetti da considerare: la larghissima credibilità che una consistente parte di popolazione concede a qualsivoglia tipo di notizia rinvenuta sul Web; la libertà incontrollata nella condivisione di contenuti dannosi; la falsa percezione di conoscenza; la divulgazione di una conoscenza superficiale e tendenziosa; la valutazione della propria notorietà sulla base dei feedback ricevuti sui social network. L’elenco non si esaurirebbe, ma non è in una descrizione del fenomeno che vogliamo dilungarci, quanto piuttosto in un tentativo di individuarne le cause. Sappiamo dalle statistiche, e ci riferiamo alle ultime stilate dall’Agcom in materia di fake news, che indicativamente la fascia di popolazione compresa tra i quarantacinque e sessant’anni è più dedita alla divulgazione compulsiva di contenuti senza alcun controllo preventivo. Perché proprio questa fascia? A giudizio di chi scrive, gli individui che vi sono compresi dovettero familiarizzare con una tecnologia molto arretrata rispetto a quella odierna; una tecnologia, e questo è fondamentale, priva di interazione. L’informazione era data dal quotidiano e dai canali mediatici disponibili, televisione e radio. Nient’altro. L’opinione si discuteva in famiglia e tra amici, rimanendo in un campo molto ristretto. Al tempo della rivoluzione digitale, coloro che fanno oggi parte di questa fascia d’età erano ancora abbastanza giovani da comprendere in parte i meccanismi della nuova tecnologia, differentemente dalle fasce più anziane. Tuttavia la rivoluzione ha portato con sé uno spostamento dell’asse di mercato, con una riconsiderazione dell’economia e del prodotto: oggi, a differenza di allora, il bene più venduto è l’informazione, c’è per cui tutto l’interesse perché notizie false e appetibili vengano divulgate. Ma loro lo ignorano e condividono tutto quello che è in linea con il loro pensiero. È di fatto inutile saper utilizzare un device, se non si comprendono le dinamiche che vi sono alla base. Venendo a un’altra contingenza, la possibilità generata dal Web di possedere un proprio spazio e una propria audience ha annientato le gerarchie, permettendo a chiunque, competente o meno, di interagire sullo stesso piano di tutti gli altri: bene quando ciò avviene tra due medici, meno bene quando avviene tra un medico con anni di studio e carriera alle spalle e un NoVax con la terza media che correla il vaccino all’autismo perché l’ha letto su Internet. La domanda è quindi: considerando che una sfoltita alle forti gerarchie sociali procede verso una società più equa, è corretto che le reali competenze, conquistate con anni di studio e sacrificio, vengano obnubilate in virtù dell’onnipresente opinione e della rilevanza che assume sul Web e, di riflesso, fuori da esso? In merito a questo occorre dire, concludendo, che il Web può erogare conoscenze assai superficiali e che reale conoscenza e senso critico non possono che provenire dallo studio. E a chi scrive non sembra affatto che chi ritiene inutili lo studio e gli studiosi possa non ricorrere alle prestazioni di medici e affini. La nuova figura che si profila sul Web è quella dell’esperto a cui, tuttavia, manca l’unica caratteristica che connota l’esperto: la competenza.

Nicola di Nardo
nicoladinardo92@gmail.com

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