7 LETTURE AD ALTA VOCE

Allan non era il suo nome di battesimo e nemmeno quello di famiglia; Allan era il nome di figlio adottato, di figlio orfano, salvato. Questa particella che sta nel mezzo, lontana dall’offrire la patina e il lustro che il doppio nome di solito regala a chi lo porta, questo “Allan” mi faceva pensare a qualcosa di modesto nella firma, pur sempre illustrissima, dello scrittore americano. Quasi come quel fischio all’orecchio, non so se mi capite, quando appare e poi scompare nel nulla e ci lascia in una attesa. Ne “I Suoni di Allan” ho deciso di amplificare questo segmento di nome, silente eppure evidente, per una intuizione che me lo fece collegare alla presenza sonora nella scrittura di Edgar Allan Poe.
Egli fu chiamato con molti appellativi: Maestro del Fantastico, del Brivido, dell’Orrido, dell’Incubo, del Terrore. Per quanto mi riguarda egli è il Maestro dello Sconosciuto, e per maestro intendo Guida, perché quando lo leggo mi sembra che, col suo fare ondulante, egli inviti sempre a seguirlo su un sentiero mai battuto. Come un fischio che attira nella nebbia, un fischio nell’orecchio che è la sua voce, Allan si nasconde e si mostra nello stesso tempo, e si burla di noi che vaghiamo perduti sperando in una rivelazione. Una rivelazione di conoscenza, ci dice, a cui si può arrivare solamente lasciando alle spalle ciò che di noi stessi sappiamo. La nostra casa paterna, il nostro nome, le nostre opinioni, inoltrandoci nel buio di ciò che fa paura ma ci attrae per la sua promessa di nuovo mondo, di nome non conquistato. E non è detto che risieda nelle profondità, ci dice, potrebbe essere proprio di fronte a noi, o nel nostro orecchio. Allan, questa persona nella persona di Poe è per me il custode dei suoni che intrecciano i suoi racconti, mute ma visibili funzioni dell’effetto di meraviglia e stupore che egli persegue. Ne parlo non da erudita o specialista, ma da lettrice silenziosa e da lettrice ad alta voce. Sono quei suoni ad aver acceso una scintilla, questa ricerca da speleologa di brusii nascosti che sono boati poi nell’immaginazione. Sinestesia, la chiamavano i poeti, e nei fumetti la chiamavano sblam crash bum roar sgrunt, mentre il cinema ne ha fatta la sua rivoluzione dell’inverosimile che si fa possibile, direbbe lo stesso Poe. Ora, questa non è che un’introduzione ad un breve viaggio che farò qui e altrove ne “I Suoni di Allan”, e vi invito a seguirmi non proprio fino ai suoi confini, ma solo fino alla porta di alcuni dei suoi racconti, tra i molti grugniti, rintocchi, sibili, urla vampate battiti e stridii.

Mela Boev       
mela.boev@gmail.com

 

 

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