Mentre parte dei media e dei partiti gridano allo scandalo per le inchieste parallele della Procura di Napoli e della testata online Fanpage che avrebbero scoperto come sui rifiuti, ancora oggi in Campania, la camorra e la malapolitica fanno affari a scapito della collettività e dell’ambiente, a Caserta questo sistema, che non si è mai fermato, continua ad essere pienamente operativo, e in questo periodo vive uno dei suoi momenti topici: l’appalto per la raccolta è scaduto, e l’azienda che lo gestisce, l’Ecocar della famiglia Deodati, nonostante qualche settimana fa sia stata raggiunta da un’interdittiva antimafia, avrà la sua proroga fino a quando il Comune di Caserta non pubblicherà un nuovo bando di gara. Certo il Comune avrebbe avuto tutto il tempo per indire una nuova gara – l’appalto scaduto è durato cinque anni – ma non lo ha fatto, colpevolmente ma forse consapevolmente. Ora c’è il tempo sufficiente perché chi muove i fili del sistema possa magari organizzare un nuovo assalto alla diligenza, con nuove assunzioni clientelari. Già questo particolare dovrebbe lasciar intendere come nel settore dei rifiuti la legalità sia un optional. La proroga, appunto, come gli affidamenti diretti alle aziende che si occupano di rifiuti, argomento quest’ultimo al centro delle due inchieste di Procura e Fanpage, negli ultimi due anni hanno portato in carcere solo nel casertano decine tra sindaci, consiglieri e assessori comunali; per tutti l’accusa è di aver ricevuto soldi o favori per evitare gare d’appalto aperte, ed assegnare invece il servizio alle società che già lo effettuavano, che il più delle volte si prestavano a diventare “bancomat” o ad assumere per fini clientelari i “raccomandati” della politica. Possiamo citare l’ex sindaco di Alvignano ed ex presidente della Provincia, Angelo Di Costanzo, l’ex primo cittadino di Piedimonte Matese Enzo Cappello, ma anche i sindaci di Teverola, Vitulazio, Maddaloni, tutti finiti in manette per vicende relative agli appalti dei rifiuti. La proroga e gli affidamenti diretti sono strumenti previsti dalla legge, ma vengono piegati alle esigenze della politica e degli stessi imprenditori; accade quindi che vengano disposti dove non ne ricorrano i presupposti, dove per esempio manca l’urgenza. Questo è il sistema da sempre operante in provincia di Caserta e probabilmente nel resto della Campania; prima lo alimentava solo la camorra, poi con gli arresti di boss e colletti bianchi, sono stati gli stessi imprenditori abituati a vincere facile con l’aiuto delle cosche a perpetuare questo mercimonio sulle spalle dei cittadini. Perché è certo che se un imprenditore dovrà pagare una mazzetta per avere un appalto o una proroga dell’affidamento, o dovrà assumere più lavoratori di quanti gliene servano per accontentare il politico di turno, risparmierà sui servizi che offrirà alla cittadinanza. Lo si vede in tutta la sua gravità a Caserta, dove la differenziata è ferma al 52%, nonostante la legge preveda una soglia del 65%, anche perché in alcune zone della città, anche centrali, si butta ancora tutto insieme. Eppure il Comune versa ogni mese all’Ecocar circa 10 milioni di euro. Ma vediamolo il “sistema” all’opera. Da anni a Caserta il vero “signore dei rifiuti” è Giuseppe Zampella, un passato da venditore ambulante di panini, noto anche tra i casertani come “Peppe la porchetta”, condannato per rapina e lesioni, oggi coordinatore operativo dell’Ecocar, ruolo conquistato senza alcun titolo di studio, che negli anni, oltre ad uno stipendio mensile da più di 5mila euro, gli ha permesso di accumulare un potere talmente elevato da fare assumere nell’azienda la moglie, i figli e i nipoti, quasi due generazioni della propria famiglia. Una vera e propria “parentopoli” di cui però, né la politica, né la magistratura, si sono mai volute occupare. Nell’Ecocar sono finiti anche esponenti del clan camorristico Belforte e delle famiglie malavitose più note del capoluogo, dai Della Ventura ai Rondinone ai Benenati, così come alcuni spacciatori. Un contesto “border line”, eppure a Caserta in pochi conoscono la situazione o si girano dall’altra parte. Forse al declino di una città, certificato dalla classifica del Sole 24ore, concorre anche il livello dei personaggi che gestiscono servizi essenziali. Il sindaco potrà obiettare che la classifica annuale riguarda l’intera provincia, ma come si dice, il pesce puzza dalla testa, e di certo non può ben sperare nel futuro un capoluogo come Caserta in cui un servizio così importante, e che tanti problemi ha creato negli anni, viene lasciato in mano a persone senza alcuna competenza e senza scrupoli.
Antonio Pisani
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