IL MERITO DEGLI INCOMPETENTI

In un’organizzazione gerarchica ognuno viene promosso fino al suo livello di incompetenza”.

È il famoso enunciato del principio di Peter o principio di incompetenza, elaborato dallo psicologo canadese Laurence J. Peter nel 1969. Lo studioso applica la sua tesi alle organizzazioni umane e spiega il meccanismo, apparentemente paradossale, attraverso il quale una persona che sa fare bene una cosa viene promossa e quindi, spostata a un’altra mansione. Il processo continua fino a quando ognuno non arriva alla posizione in cui non sa fare più niente, ed è solo allora che la carriera si blocca. Peter spiega come, con il tempo, ogni posizione lavorativa tende a essere occupata da un impiegato che non ha la competenza adatta ai compiti che deve svolgere. Di conseguenza, tutto il lavoro viene svolto da coloro che non hanno ancora raggiunto il loro livello di incompetenza. La lente da utilizzare per decifrare questo principio è quella della meritocrazia. Un concetto cardine, guarda caso, nei Paesi che hanno una migliore qualità della vita, mentre risulta ancora latitante in Italia. È opportuno, altresì, distinguere tra la sfera privata e quella pubblica: se nella prima l’interesse economico dell’organizzazione si traduce in una tutela più accorta del merito, nelle istituzioni statali assistiamo, ormai da più di mezzo secolo, ad un’applicazione quasi scientifica del principio di incompetenza. Escludiamo da questo ragionamento l’universo politico dove il merito non ha alcuna possibilità di essere applicato: ogni testa un voto e grazie ai voti chiunque si può accomodare sugli scranni più alti della Repubblica. Escludiamo anche tutte quelle funzioni che non vengono svolte per meriti personali o attraverso concorsi pubblici, come, ad esempio, i dirigenti apicali di numerosi enti ed istituzioni che sono nominati ad personam dai politici. Mi riferisco ai direttori generali di Asl e aziende ospedaliere che sono nominati dal Presidente della Regione, carica estremamente politicizzata, o alla miriade di enti pubblici economici i cui dirigenti sono nominati dal governo. A complicare la situazione e a dare un paio di colpi bassi al concetto di merito è anche la normativa. In Italia, infatti, si diventa dirigenti in due modi: attraverso la qualifica o con l’incarico dirigenziale. La prima viene conferita in modo stabile e presuppone il superamento di una procedura concorsuale, le cui commissioni, però, restano di nomina politica; l’incarico dirigenziale, invece, è conferito a tempo determinato ed è deciso dall’organo politico o dal dirigente superiore con ampia discrezionalità. La legge 124 del 2005, nota come riforma Madia, ha contribuito a rafforzare il ruolo della politica in questo circolo vizioso in cui il merito resta uno sconosciuto. La precarizzazione della dirigenza impone a chi ricopre ruoli apicali di rimanere fedele al politico che lo ha nominato e che ha anche il potere di rimuoverlo. Detto ciò, è facile comprendere come tutto l’apparato di vertice dello Stato e della Pubblica Amministrazione sia in mano ai politici, cioè coloro che non necessitano di alcun merito per esercitare questo enorme potere. Ecco perché siamo ultimi nella classifica europea del merito che vede in testa i Paesi scandinavi e che ci pone dietro Spagna e Polonia. L’analisi, realizzata dal Forum della Meritocrazia in collaborazione con l’Università Cattolica di Milano, si è avvalsa dei dati Ocse ed Eurostat e si fonda su sette pilastri: libertà, pari opportunità, qualità del sistema educativo, attrattività per i talenti (come argine alla fuga di cervelli all’estero), regole (con una giustizia efficace), trasparenza e mobilità sociale (intesa come la possibilità di accesso ai gradi di istruzione più alti per giovani con genitori dal titolo di studio non elevato). Ebbene, non risulterà difficile credere che l’Italia è ultima in Europa per ognuno di questi indicatori e le peggiori performance si rilevano, guarda caso, nella trasparenza e nella garanzia del rispetto delle regole. Possiamo invertire la rotta? No, almeno fino a quando saremo ostaggi del principio di Peter e i meritevoli vivranno all’ombra degli incompetenti.

Gaetano Trocciola
ganox@hotmail.com

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