Tra le tante bufale e leggende diventate ormai di pubblico dominio, c’è quella che i bovini siano tra i maggiori responsabili dell’effetto serra. In realtà ad aver indotto nell’errore contribuì uno studio della FAO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) che circa un decennio fa dichiarò che il 18% delle emissioni di gas (in primo luogo anidride carbonica e metano) deriva dagli allevamenti zootecnici. Negli anni queste informazioni sono state corrette e soprattutto riviste verso il basso (intorno al 6%), ma ormai i buoi erano scappati dal recinto. Da allora, infatti, senza spirito di informazione e di aggiornamento, i media ‘disinformano’ l’opinione pubblica e le catastrofiche previsioni sulla fine del mondo sono sempre più numerose. E la colpa sarà tutta dei bovini.
In realtà come stanno davvero le cose? Gli allevamenti di piccoli e grossi ruminanti (bovini, ovini, bufali) sono la grande maggioranza del patrimonio zootecnico mondiale, presente soprattutto in Europa e Nord America. E, al pascolo o in allevamento intensivo, contribuiscono a produrre carne, latte, formaggi e altri prodotti d’origine animale che popolano le nostre tavole da secoli. Il loro complicato apparato digerente e quindi il loro metabolismo ruminale consentono di ottenere energia dalla trasformazione della cellulosa, comportando la formazione di anidride carbonica e di metano che si disperdono nell’atmosfera. Ma sappiamo bene che la vera impennata nella produzione di anidride carbonica si è avuta per l’enorme sviluppo demografico e per l’industrializzazione che hanno richiesto un forte incremento dei combustibili derivati dal petrolio per attività produttive e trasporti. Un secolo fa ad esempio in Italia c’era un numero di ruminanti decisamente superiore a quello attuale, ma nessuno se ne preoccupava e certo non era un paese più inquinato.
Attualmente il numero di animali è diminuito e sono migliorati i sistemi di alimentazione che tendono ad utilizzare al meglio quello che gli animali mangiano. Questo comporta una diminuzione della produzione dei gas ad effetto serra, al punto che oggi la loro produzione da parte dei ruminanti è modesta rispetto a quella delle attività umane (senza dimenticare che, per effetto di alcuni batteri metanogeni, anche le risaie producono metano). Inutile quindi focalizzare l’attenzione su argomenti distorti, male approfonditi e peggio studiati. Per la salute del nostro pianeta l’attività dei ruminanti non è poi così grave. L’attenzione invece andrebbe rivolta ad altre attività (trasporti, riscaldamento, industrie), all’incremento delle energie rinnovabili fino al rimboschimento, dove grazie alla fotosintesi clorofilliana si catturerebbe la troppa anidride carbonica prodotta per svariati motivi. Ma senza dare la colpa ai poveri ruminanti.
Sante Roperto
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