Fin dalla sua comparsa sulla Terra, circa 300mila anni fa, l’Homo sapiens ha vissuto un rapporto simbiotico con la Natura. Al pari degli altri esseri viventi, la nostra specie è considerata parte di un sistema complesso. Un enorme organismo in costante evoluzione che ha un obiettivo preciso, comune a tutti gli elementi del sistema stesso: la sopravvivenza. Ed è regolato da leggi universali come il principio di conservazione della massa enunciato da Lavoisier: “in una reazione chimica nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma”. Il termine Natura significa letteralmente ‘ciò che sta per nascere’, quindi il complesso organismo che ci comprende esisteva già quando sulla Terra vi erano condizioni prebiotiche. La volontà della Natura di creare la vita ha determinato, in un tempo stimato in circa 3,5 miliardi di anni fa e tramite molteplici combinazioni, la nascita delle prime cellule. Da allora, sono proliferate decine di milioni di specie che hanno contribuito, ognuno attraverso il proprio ciclo vitale, all’evoluzione del sistema che li ospita. Anche quella umana viene considerata una specie come le altre, almeno fino a quando il suo impatto sul Pianeta non comincia ad essere indelebile. Sebbene diversi studiosi facciano risalire all’invenzione dell’agricoltura i primi segni di cambiamento della fisionomia del suolo, è con la Rivoluzione Industriale che l’uomo opera uno stravolgimento della Natura. È stato il carbone a spostare l’equilibrio. Il suo utilizzo come fonte di energia ha cambiato il modo di produrre. Usiamo il carbone sin dal XIII secolo ma è stato solo nell’800 che si è tradotto in industrializzazione. All’epoca, non pensavamo al potenziale impatto della combustione del carbone e di altri combustibili fossili per alimentare i nuovi macchinari. L’obiettivo era quello di crescere il più velocemente possibile e per più tempo possibile. Solo negli ultimi anni abbiamo iniziato a valutare il tipo di impatto che abbiamo avuto sull’ambiente come risultato diretto di questa crescita esponenziale. Ci sono quattro elementi segnati principalmente dall’industrializzazione: aria, acqua, suolo e habitat. L’inquinamento atmosferico, causato dal fumo e dalle emissioni di combustibili fossili, genera oltre 80 diverse tossine: dall’amianto alla diossina, dal piombo al cromo. Le stesse tossine finiscono nel ciclo delle acque causando l’inquinamento dei fiumi e dei mari. Per non parlare dell’attuale emergenza che riguarda gli oceani dove si è accumulata plastica per 5mila miliardi di tonnellate. Di pari passo abbiamo contaminato il suolo soprattutto con piombo, altri metalli pesanti e sostanze chimiche tossiche che, penetrate nel terreno, contaminano a loro volta le colture che vi crescono. E poi, l’industrializzazione ha portato alla drammatica distruzione degli habitat come nel caso della deforestazione. Ciò ha sconvolto gli ecosistemi locali con l’estinzione di piante e animali che non sono state in grado di adattarsi al nuovo ambiente. Nel 2000, il chimico olandese premio Nobel Paul Crutzen coniò il termine Antropocene per definire l’epoca geologica attuale, in cui l’ambiente terrestre, nell’insieme delle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, viene fortemente condizionato su scala, sia locale sia globale, dagli effetti dell’azione umana. Come sostiene il biologo Davide Michielin, per riconoscere una nuova era geologica bisogna individuare nelle rocce uno specifico marcatore, sia esso un’anomalia isotopica o un’associazione fossile, sincrono e diffuso in qualunque luogo del pianeta. Ecco perché l’inizio dell’Antropocene viene fatto risalire al 16 luglio 1945, quando nel bel mezzo del deserto Jornada del Muerto, negli Stati Uniti, viene fatta detonare una bomba al plutonio, nome in codice The Gadget. È il primo test nucleare della storia. Da quella detonazione a oggi, sono stati fatti esplodere circa 2500 ordigni nucleari che hanno prodotto isotopi altrimenti assenti in natura. Una traccia inequivocabile del passaggio dell’uomo sulla Terra, destinata a sopravvivere al proprio artefice per decine di migliaia di anni nella memoria geologica del pianeta. Ma la Natura, nel frattempo, non è rimasta a guardare. Da miliardi di anni, questo enorme organismo che ci ospita opera una selezione: le parti che non contribuiscono al sistema o che – per assurdo – lo danneggiano, devono essere eliminate. Le azioni dell’uomo hanno scatenato le reazioni della Natura: l’aumento delle temperature, innescato dall’inquinamento, favorisce lo scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento dei mari con conseguenti eventi meteorologici estremi: uragani, inondazioni, siccità, ondate di calore letali, diffusione di vettori che portano malattie mortali. Cosa pensate che sia il SARS-Cov-2, volgarmente detto “Coronavirus”, che sta sconvolgendo le nostre vite? È semplicemente la risposta della Natura che si serve di un virus per sconfiggere il virus più letale di tutti: l’essere umano.
Gaetano Trocciola
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