LE EPIDEMIE NELLA STORIA

Il Coronavirus è al centro di tutte le trasmissioni radio e televisive e della stampa. Non si vogliono ripetere statistiche né giudicare i provvedimenti ed i tempi degli stessi, ma soffermarsi, invece, sulla storia di episodi simili che hanno, da sempre, accompagnato l’uomo. La prima crisi epidemica di cui si ha notizia risale al 450 a.C., fu una febbre tifoidea che colpì Atene ed uccise circa un terzo della popolazione, tra cui la guida della città: Pericle.

Fu seguita, dopo 500 anni, dalla “peste Antonina”, portata nell’impero romano dai reduci di una campagna contro i Parti, combattuta in quello che oggi è l’Iran e che, diffusa su tutti i territori, si valuta abbia causato milioni di morti. A Roma uccise anche due imperatori: Lucio Vero e Marco Aurelio Antonino. L’impero fu poi colpito, intorno al 540 d.C., dalla “peste di Giustiniano” ricordata come una delle più devastanti della storia, con un numero di decessi così elevato da mettere in ginocchio la stessa vita dell’impero.

L’epidemia successiva arrivò in Europa intorno alla metà del 1.300, fu chiamata “la morte nera” era ancora la peste. Si pensa sia arrivata in Europa con le navi che portavano merci dal mar Nero, attraverso le pulci che infestavano i topi che viaggiavano nelle stive. Recenti ricerche di “tracciatori di genomi” hanno localizzato il primo focolaio in Cina ed esattamente nella regione di Wuan! Questa peste causò milioni di morti, si stima che l’Eurasia perse un terzo della sua popolazione ed occorsero diverse generazioni prima di tornare ai livelli del 1.300. In Italia ci furono significative differenze di deceduti tra Firenze, dove morirono i quattro quinti della popolazione, Venezia che ne perse circa il 60% e Milano, dove i Visconti imposero una rigida chiusura della città con controlli su persone e merci e, soprattutto   l’isolamento dei malati, dei casi sospetti e delle loro famiglie, ed alla fine ebbe così “solo” 15.000 morti. Queste precauzioni non furono adottate qualche secolo dopo, governavano gli spagnoli e sebbene un medico (Settala) avesse segnalato la presenza di casi di peste tra Lecco e Como, la cosa fu sottovalutata. È stata la peste del Manzoni, quella dei Lanzichenecchi, che causò ben 160.000 morti nel milanese, complici i ritardi, le feste per la nascita dell’erede al trono, quelle per il carnevale ed infine, la grande processione voluta dal cardinale Borromeo.

Arriviamo così al 1918, è l’ultimo anno di guerra e nell’aprile compaiono in Italia, Francia ed Inghilterra i primi casi di una forma influenzale (sempre lei) che colpisce bronchi e polmoni e nel giro di pochi giorni, tra grandi sofferenze, porta i pazienti alla morte. È un virus H1N1, come quello dell’influenza suina del 2008 e quello dell’attuale Coronavirus, ma all’epoca la medicina non sapeva dare una risposta e non diede alcun allarme generale. In verità, questo mancato avviso derivò anche dalla guerra, tutti i Paesi coinvolti non volevano demoralizzare le truppe al fronte e tennero così censurate le notizie del contagio. La Spagna, invece, che non partecipava alla guerra, le diffuse ed ecco che l’epidemia fu denominata “spagnola”! Questa fu una vera pandemia, colpì tutto il mondo e si pensa che abbia causato tra i 50 ed i 100 milioni di morti.

Siamo arrivati ad oggi, ma anziché soffermarci sui numeri attuali, pensiamo a quando tutto sarà passato, col proposito di utilizzare questa esperienza per affrontare altri problemi trascurati, ogni anno muoiono ancora 1.500.000 di persone per la tubercolosi ed altrettante per la banalissima dissenteria.

Luigi Vecchione
ginius2@gmail.com

 

 

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