Forse già in molti sanno come questo racconto si dica ispirato da eventi realmente accaduti ad Edgar Allan Poe nella sua vita di uomo. Invito gli altri a dare uno sguardo alla pur controversa biografia, sarà facile identificarli.
Ligeia è il nome di una donna la cui vita viene interrotta troppo presto. Bellissima, dice il suo sposo narrante, ma di una bellezza inusuale. Colta e appassionata, dalle misteriose origini, accompagna il novello marito nello studio delle scienze esoteriche.
Egli ne è stregato, il fascino di Ligeia, infatti, è non comune, tanto che egli stesso, parlandoci di lei, si rende conto di poter descriverla solo per paragoni, per assonanze con altre cose del mondo (“cose comuni”, dice, come l’oceano, la farfalla, il volto di un vecchio, le stelle del firmamento). Ci sarebbero molte cose da dire su questo splendido e terribile racconto, ma procederemo senza distrarci dal nostro intento: leggendolo con l’udito. Ora, l’aspetto di Ligeia che Allan non sa proprio spiegarsi è il suo sguardo, grande e scuro. Lo paragona a certi strumenti ad arco. La sua presenza, in vita, era così lieve che solo il passo leggero, solo la sua voce flautata potevano annunciarla nella stanza; e proprio con la voce di flauto, Ligeia si accomiata dal suo amato adorante, leggendogli una poesia da lei stessa scritta, recitante un’amara e grandiosa descrizione delle sfere celesti, che con le loro melodie la accoglieranno presto, una volta lasciato il suo corpo alla terra fredda.
Così Ligeia muore. Il narratore, piegato dal vuoto, si aggira per un po’ prima di trovare una nuova dimora e… Una nuova moglie. Questa seconda lady, molto diversa da Ligeia, non riceverà alcuna gioia da questa bizzarra unione e in questa casa, addobbata dall’ossessivo delirante marito nel più stravagante dei modi. Presto ella dà segni di squilibrio nervoso, che si manifesta nel sentire rumori inspiegabili, dalle stanze del castello e perfino nella propria dimora. Questi rumori la torturano, effettivamente la fanno uscire di senno. Non è cosa nuova che si racconti come i fantasmi, inquilini del mondo invisibile, manifestino la propria presenza attraverso il suono e il rumore, spesso terrificante; così Ligeia, la prima moglie, costante fantasma nei pensieri del protagonista che mai l’ha dimenticata, disturberà la sostituta con la sua rumorosa invisibile presenza, fino a che anch’ella, consumata da un male misterioso, andrà incontro ad una fine prematura. Erano solo frutto dell’immaginazione quei passi felpati, quei sospiri, quei singhiozzi che risuonavano nelle stanze? Il protagonista dapprima incredulo sembra ora sentirli lui stesso. Eppure la nuova moglie giace ormai cadavere. Morta, ma non per molto. Nel suo sudario, ella non è ancora pronta per lasciarci. Una lunga notte di veglia ci aspetta, un’allucinante veglia al conflitto nell’animo e alla volontà di un uomo a non lasciare andare l’immagine amata. Una notte interrotta da segni inequivocabili di una vita invisibile, ologrammi sonori nella stanza che è tutt’uno con l’animo (la mente?) di quest’uomo che vuole con tutto sé stesso riportare indietro ciò che non è più.
Colui che vuole, seppur misero, dice Poe, dice Ligeia, è forte quanto gli angeli della morte. Ma l’oggetto del nostro desiderio, dice Allan, è destinato a sfuggirci, a rimanere irraggiungibile, come il suono di uno strumento invisibile.
Mela Boev
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