LO STALKING E LA PAURA DI USCIRE DA SOLI

L’art. 612 del codice penale recita così: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. Si tratta del cosiddetto reato di atti persecutori, più noto, con il solito anglismo, come stalking. Il reato venne introdotto nel 2009, con il decreto legge n. 11. Come si ricava dalla secondo me più efficace denominazione nostrana, la fattispecie punisce sostanzialmente un comportamento complessivo che si traduca in una vera e propria persecuzione della vittima. Sinteticamente, può dirsi che questa condotta dev’essere reiterata e consistere in minacce o molestie tali da ingenerare uno stato di ansia o di paura “grave e perdurante”, cioè significativo per intensità e durata, ovvero costringere la persona offesa a mutare le proprie abitudini di vita, ugualmente in termini apprezzabili. Esemplificando, condotta ricorrente del reato in questione è, oltre che una serie più o meno lunga di minacce, lo studio dei movimenti della vittima e i pedinamenti di questa. Una conseguenza tipica della condotta persecutoria è il timore di uscire da soli. Le denunce per questo tipo di reato sono invero frequenti e ne fanno uno dei più “gettonati”, complice forse anche una certa genericità della sua formulazione. La casistica è peraltro assai varia e non manca di presentare qualche sorpresa. A cominciare dal fatto che non di rado il presunto autore della persecuzione è una donna e la presunta vittima è un uomo oppure un’altra donna. Lo stalking s’innesca infatti sovente sulla fine traumatica di una relazione sentimentale e non sempre chiaramente la persona lasciata è un uomo. E ciò senza considerare gli, oggi sempre più frequenti, rapporti omosessuali. Talvolta la condotta denunciata è poi commessa in danno dell’amante del partner oppure della persona per stare con la quale il soggetto che agisce è stato lasciato. Lungi da me minimizzare un fenomeno reale e di proporzioni allarmanti, voglio qui solo sottolineare che spesso si fa confusione e si sovrappongono mere condotte moleste con le violenze fisiche, più o meno gravi, poste in essere dal soggetto lasciato, che solitamente sono precedute da atti persecutori e in genere, ma non sempre, sono realizzate da un uomo, fino ai casi estremi, riportati dalle cronache, della soppressione dell’altra persona. Ma qui lo stalking è solo la premessa o il contesto di fatti evidentemente più gravi e già sanzionati in precedenza dal legislatore. Nell’ambito esclusivo dello stalking in senso stretto, si va invece dal caso emblematico della persecuzione attuata dallo studente “sfigato” verso la bella compagna di classe e condotta sino al parossismo di una vita per anni dedicata solo a lei, con conseguenze nefaste per lo stesso autore del continuo malinteso corteggiamento sgradito, all’equivoco di considerare parimenti persecutoria la condotta della moglie ferita che, lasciata dal marito per una donna più giovane, si limita, tutto sommato comprensibilmente, a riempire di male parole lui e lei e suo malgrado continua a incrociarli, da soli o insieme, per la semplice ragione che il consorte continua a tenere il proprio studio professionale nello stesso stabile ove lei tuttora abita e il medesimo coniuge ha avuto la brillante idea di prendere casa con la nuova compagna proprio nello stabile di fronte.

Antonio Riccio
polis.caserta@gmail.com

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