LO STILE È TUTTO

È un dato di fatto che, con il passare del tempo, il mio gusto sia cambiato. Ci sono sapori che alcuni anni fa disprezzavo che poi, all’improvviso, ho scoperto e imparato ad amare. Il sapore intrigante dell’aceto per esempio che da adolescente mi disgustava o anche quello amaro della cioccolata fondente che prima trovavo poco invitante. È stato come se a un certo punto, stanco dei vecchi sentieri, abbia provato a cercarne degli altri. È stato come se il mio palato si fosse affinato e per questo abbia desiderato nuovi stimoli, più complessi, più particolari. La stessa cosa sento che è avvenuta con le narrazioni.

La mia carriera di lettore è iniziata all’età di quattordici anni. Allora il genere horror andava per la maggiore tra i ragazzi della mia età, bazzicavo autori come Stephen King o classici come Poe e Lovecraft. Leggevo i loro libri standomene a letto sotto le coperte per provare il piacere della tensione e il brivido della paura. Non conoscevo i meccanismi che c’erano dietro quelle storie, che avrei capito e studiato solo in seguito ma che a quel tempo mi erano semplicemente ignoti. Poi, un giorno, avvenne la scoperta. Nelle mie mani finì un piccolo volume che mi aveva attratto proprio per le sue ridotte dimensioni. Era il mio compito estivo di lettura e per questo mi tenevo prudentemente lontano dai tomi di mille pagine. Si intitolava “Finzioni”, l’autore era Jorge Louis Borges, un argentino, ed era un volume di racconti. Quel testo mi rapì letteralmente, lo lessi nel giro di qualche ora, mi colpì soprattutto quello stile denso, coltissimo ma immediato, che mi trascinava d’incanto in mondi lontani con una forza che non credevo possibile. Come facevano quelle parole a catapultarmi così prepotentemente in una realtà che la mia fantasia non sarebbe mai stata capace di creare?

Devo a quel momento e a quella scoperta il mio amore per la letteratura che poi non è più scemato. Da allora ho scoperto le narrazioni e come tutto possa essere un pretesto per raccontare una storia. Ho scoperto il potere delle parole e come queste nelle mani sapienti di alcuni grandi uomini possano diventare scrigni stracolmi di oro. Ad Ernest Hemingway si deve la storia più breve mai scritta, a lui bastarono sei parole: “Vendesi: scarpine per neonato, mai indossate.”

Ho scoperto pure che non è tanto la vicenda che viene raccontata a fare la differenza quanto piuttosto lo stile che si sceglie nel farlo. Prendiamo ad esempio le pubblicità: gli spot che ci colpiscono non sono generalmente quelli che si dedicano a elogiare le caratteristiche del prodotto quanto piuttosto quelli che riescono in pochi secondi a narrarci una vicenda nel modo più efficace.

Anche in ambito di narrazioni il tempo mi ha fatto più esigente, così che non mi accontento più delle storie a buon mercato, dei racconti preconfezionati, di quelli sciatti, o banali, non ho mai trovato affascinante l’ordinarietà. Le narrazioni di certa televisione, quella che invece piace a tanti, mi annoiano perché mancano di stile. Perché lo stile è tutto, lo stile è il segreto, anche nelle piccole narrazioni della nostra quotidianità, quelle di cui non resta traccia: nella storiella detta al bar, in quello che trasmettiamo con il nostro corpo, il nostro atteggiamento, i nostri gesti.

Personalmente sono costantemente alla ricerca di nuovi sapori e mi sorprendo di come altri non facciano lo stesso. Mi chiedo ogni giorno: troverò un altro Borges che mi conduca di nuovo laddove la mia fantasia, da sola, non sarebbe mai in grado di condurmi?

Stefano Crupi
stefanocrupi@hotmail.com

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