Abbandonate anche le posizioni neutrali: l’omeopatia non funziona, e sicuramente non serve a curare. Nella migliore delle ipotesi, infatti, fa bene al fatturato di qualche produttore. Non è un caso se negli Stati Uniti i farmaci omeopatici acquistabili in farmacia, da alcuni mesi, devono riportare l’etichetta «Non funzionano» applicata sulle confezioni. I consumatori, così come la Food and Drug Administration, iniziano a capire che i prodotti omeopatici non sono basati su risultati e metodi scientifici validati e quindi, non sono accettati dalla comunità scientifica internazionale. Già Lancet, una delle più autorevoli riviste mediche al mondo, dichiarava oltre dieci anni fa, riunendo circa cento studi scientifici internazionali, che “l’omeopatia è finita” esortando i medici a non prescriverla, perché il suo effetto è simile a un placebo.
La sua efficacia è stata discussa per decenni. L’omeopatia nacque a fine Settecento grazie al lavoro di un medico tedesco, Samuel Hahnemann. Era contrario a molti trattamenti tradizionali e propose così un suo nuovo sistema basato sulla teoria del “principio di similitudine del farmaco” (“similia similibus curantur). Hahnemann sosteneva che se una sostanza è alla base dei sintomi di una persona malata, una dose estremamente piccola di quella stessa sostanza può essere usata per curare quei sintomi. E quindi secondo il suo ragionamento, più la sostanza viene diluita in una preparazione, più alta sarà la sua capacità di curare quei sintomi. Oggi gli omeopati continuano a fare come faceva il loro precursore più di due secoli fa: iniziano diluendo una certa sostanza in acqua, poi prendono un centesimo di quella soluzione e la diluiscono ulteriormente, e così via, fino a quando la sostanza di partenza è estremamente diluita.
In Italia, secondo dati del 2015, l’omeopatia è utilizzata solo dal 4,1% della popolazione e cala il numero di persone che ne fanno uso. Sempre più persone quindi capiscono che l’omeopatia può al massimo aiutare a pensare di stare meglio. E se qualcuno proprio ci crede, è bene si consulti sempre col medico curante che avrà il compito (e l’onesta intellettuale) di spiegare l’assenza di benefici di questa medicina alternativa. Almeno per essere informati e avere la possibilità di scegliere tra trattamenti scientificamente validi oppure costosi placebo.
Sante Roperto
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