REGIONALE 26043

Il regionale 26403 delle ore 8.12, diretto a Napoli via Cancello, arriva e parte dal binario tre.

La stazione di Caserta ha sei binari, mentre la raggiungo, passando tra l’odore dei caffè la mattina, addolcito da quello dei cornetti caldi di cui sento il profumo seduttivo di burro tra le sfoglie, mi anticipo mentalmente sull’altoparlante.

Può succedere che il regionale 26403 delle ore 8.12 arrivi e parta dal binario due invece che dal binario tre. La piccola variazione ha scarsa rilevanza, perché al due e al tre si accede e si va via dalle stesse scale, una in corrispondenza del secondo binario, una del terzo, scale che convergono infine nell’ultimo tratto di gradini che portano alla stessa piattaforma.

Ora, il pendolare che deve raggiungere Napoli, che da questo momento per comodità chiameremo Enne, sa che non potrà arrivare all’ultimo momento perché tra quell’ – arriva e parte – nonostante sia lì quasi a toccarlo il treno, accadrà una cosa, pensandoci, singolare. La gente che scende dal regionale 26403 proveniente da Napoli via Aversa, presumibilmente pendolari che lavorano a Caserta e che da questo momento per comodità chiameremo replicandolari, quando – arriva -, occuperà entrambe le scale di accesso ai binari, nonché il corridoio del sottopasso, nonché la scala che porta alla stazione.

Quella che viene incontro a Enne è una folla di replicandolari programmata per andare, non c’è possibilità di aprirsi un varco. È un muro umano itinerante, quanto inebetito dal primo treno del mattino. Immaginate un filtro dalla trama fittissima, voi siete lì e il vostro treno che ora – parte – e questo fiume di persone in controtendenza. Non c’è gioco, nessuna possibilità, la trama del filtro è strettissima. A rigore avreste ragione voi a farvi largo, perché loro sono – arrivati – e cinque secondi in più o in meno non fanno differenza, mentre voi state perdendo il treno e ne avete, sconfortati mentre dite permesso, certezza, perché avete sentito il fischio, ecco l’avete sentito, ma il flusso è inesorabile, le porte ora si chiudono. È inutile pensare di differenziare le scale una per la discesa l’altra per l’ascesa, dirlo ai reclami. L’unica possibilità di prendere quel treno è trovarsi già al binario, perché il tempo della congiunzione, tra arriva – e – parte, altrimenti per voi sarà insufficiente.

Ogni volta, ogni santa volta, mentre dentro di me impreco e perdo il treno, mentre penso sociologicamente alle masse come indistinta entità, mi scappa anche da ridere. In effetti è irragionevole e stupido, là in mezzo, penso a quella barzelletta: un uomo esce al mattino per andare a lavorare e mentre guida lo chiama la moglie allarmata: “Caro, fai attenzione. Al telegiornale hanno detto che sul tratto autostradale che percorri tu c’è un pazzo che guida contromano”. Il marito, allora, dall’altra parte fa: “Uno? Saranno centinaia!”.

Grazia Coppola
gcoppola658@gmail.com

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