“Fa che io sciolga le cime
secondo il tuo volere
e per un destino che non conosca il dolore
e soffi un vento propizio
così che possiamo tranquilli
correre il mare”
Qui non ci sono il mare azzurro, i fondali trasparenti, le spiagge bianche, le baie ampie e riparate, qui non ci sono turisti, non ci sono disco bar sulla spiaggia, taverne, casette bianche o colorate, ma c’è natura incontaminata selvaggia, villaggi in cui il tempo si è fermato, porticcioli di pescatori, città con una storia ed una vita, città moderne e all’avanguardia, e ci sono anche baie e spiagge belle, ma diverse dalle cartoline che siamo abituati a vedere ovunque. Qui c’è gente genuina, autentica, generosa, ospitale, senza alcuna malizia. Qui non si è mai soli, c’è sempre qualcuno pronto a darti una mano senza chiedere nulla in cambio. C’è pace e serenità. Il Mar Nero è un mare ospitale, avevano ragione i greci.
Nell’antichità, infatti, il Mar Nero fu chiamato dai Greci prima “ponto axeinos” (mare inospitale) per la sua inclemenza, poi, dopo la fondazione di alcune colonie sulle coste, “ponto eusino” (mare ospitale). In età medievale fu detto Nero forse per il colore scuro delle sue acque, mentre nella tradizione toponomastica italiana veniva denominato Mare Maggiore.
In turco si chiama ‘Kara Deniz’ (mare nero), contrapposto al Mar Mediterraneo ‘Ak Deniz’ (mare bianco). Questo perché la tradizione turca trova, nei colori nero e bianco, la definizione di settentrionale e meridionale. Ecco che, semplicemente, Mar Nero sta a significare ‘mare del Nord’. Sulla costa Sud non ci sono baie naturali, non ci sono posti in cui dare ancora e ripararsi e il vento in linea di massima soffia sempre da Nord. è il motivo per cui qui ogni dieci miglia circa si trova un porto. Hanno costruito grandi moli frangiflutti a riparo di città e paesini. Porti in cui i pescherecci corrono a proteggersi. Spesso anche i cargo. Porti in cui è sempre possibile dare ancora (buon fondale, basso e sabbioso) oppure ormeggiare accanto ad un peschereccio. Nessuno qui manda via una barca che cerca un posto. Grande accoglienza e ospitalità. “Qui vicino a noi” ci dicono. Quindi, direi che possiamo stare abbastanza tranquilli.
L’importante è, quando si entra, fare un fischio a qualcuno e chiedere. Ad ogni richiesta arriva una risposta positiva. Fare un fischio si, e poi esprimersi a gesti perché qui è impossibile sfoggiare il nostro inglese. Qui nei porti o sai il turco o ti arrangi con i gesti delle mani.
“Problem?” diciamo ogni volta. “No problem!” ci rispondono.
Ricordo che anche in Africa era così. è una parola magica “problem”, tutti la conoscono. «“Problem” “No problem”, (…) con il loro aiuto riuscivamo ad intenderci nelle situazioni più difficili. Quelle due parole unite al linguaggio muto (…) bastavano a non farci sentire estranei e a permetterci di viaggiare insieme» (da “In viaggio con Erodoto” di R. Kapuscinski).
Quando siamo ormeggiati poi arriva gente a chiedere chi siamo, che facciamo, da dove veniamo. Vengono a farsi foto accanto a noi, i “selfie” con la barca come sfondo. Non salgono a bordo anche su richiesta nostra “Vuoi vedere la barca?”, “No no” ci dicono. è una forma di rispetto per loro. Però, se ti invitano nella propria abitazione non puoi rifiutare. Siamo nella loro terra, a casa loro, quindi, è giusto che loro ospitino noi e non il contrario. E spesso ci portano regali, il pesce, le nocciole, il te’ a seconda della zona.
Abbiamo imparato in turco “Ciao” e “Grazie” e con un bel sorriso lo diciamo spesso e loro sono molti contenti… E ovviamente: “Problem?”, “No problem!”.
Giuliana Rogano
giulianarogano@gmail.com