TRAVIS WALTON, LA “MADRE” DELLE ABDUCTION

È veramente impossibile descrivere ogni risvolto di ciò che è accaduto il 5 novembre 1975 nella riserva degli Apache nella Foresta Nazionale del NE Arizona. Un gruppo di sette boscaioli, tutti viventi a Snowflake, in Arizona, assunti dal governo per il disboscamento e la pulizia di un’area molto vasta, stava lasciando il bosco al tramonto, erano circa le 18, per fine turno di lavoro. A bordo di un camioncino, sulla via del ritorno, la loro attenzione venne attirata da una forte luce proveniente dal bosco che filtrava tra gli alberi. Subito Rogers, autista e responsabile del gruppo, nonché amico di Travis Walton, rallentò la marcia fino a fermarsi, Travis scese dal camion dirigendosi incuriosito verso la fonte luminosa. Nonostante il richiamo dei colleghi, egli si avvicinò a questo oggetto, da tutti poi descritto come un disco metallico di colore bianco/giallo che emetteva un forte bagliore. Il disco cominciò a oscillare sui lati e fece partire un forte fascio di luce bluastra che investì in pieno Travis scagliandolo circa 10 metri lontano. Molti chiusero gli occhi dal forte bagliore e alla riapertura videro il corpo di Travis trascinato gambe all’aria verso il disco metallico, nonostante i tentativi dell’uomo di strisciare all’indietro. Spaventati dall’accaduto e dal forte rumore udito, simile ad una turbina, Rogers fece ripartire di corsa il camion, convinti che Travis fosse ormai morto e con il timore di essere poi inseguiti dal disco. Percorsi circa 500 metri sullo sterrato, il camion usci fuori strada e si fermò. Dopo un’accesa discussione sul da farsi, il gruppo decise di tornare a soccorrere Travis, anche perché Rogers dichiarò poi di aver visto durante la fuga un oggetto volare via dietro le loro spalle. Così fecero. Il disco era sparito e di Travis nemmeno una traccia. Lo cercarono per mezz’ora senza risultato. Decisero quindi di raccontare tutto alla Polizia di Heber, vicino a Snowflake. Il Vice Sceriffo Ellison, nonostante lo scetticismo sul racconto, si convinse a chiamare i propri superiori guardando lo stato emotivo nel quale si trovavano gli uomini, sconvolti e in lacrime. Le ricerche durarono cinque giorni, con elicotteri, cani, cavalli e jeep, ma di Travis nessuna traccia. Gli uomini furono sottoposti alla macchina della verità, perché indagati per omicidio e occultamento di cadavere, ma non emersero prove né contraddizioni nei loro racconti. Dopo cinque giorni, una telefonata a casa della sorella di Travis, recitava così: «Qui è Travis. Sono in una cabina telefonica alla stazione di benzina di Heber, e ho bisogno di aiuto. Venite a prendermi». Lo stato confusionale di Travis con la barba cresciuta, fortemente dimagrito e disidratato, dava credito al racconto che egli stesso fece di quei giorni di assenza (che a lui sembravano essere solo di un paio di ore). Dopo il fascio di luce, ricordò il rinvenimento su un lettino; credendo di essere in ospedale e di scorgere infermieri, rimase sorpreso e spaventato nel vedere tre figure umanoidi, piccole, con teste grandi e calve, con bocca piccola e occhi enormi marroni senza il bianco intorno, terrificanti. Trovò la forza, a suo dire, di prendere un tubo di vetro da un ripiano vicino, tentare di romperlo per creare un rudimentale coltello, ma risultò infrangibile. Cominciò ad agitarlo minacciando le figure che non sembravano preoccupate. Infatti, uscirono dalla stanza, lasciandolo solo. Tentò così la fuga attraverso un corridoio e si trovò in un’altra stanza a forma di cupola, con una sedia al centro. Sembrava una specie di planetario, si illuminò di stelle tutto intorno non appena Travis si mise a stuzzicare dei congegni sui braccioli della sedia. Fu in quel momento che alle sue spalle una porta si aprì ed entrò una figura umana molto più simile a noi con un casco in testa. Gli indicò di seguirlo e tra le sue proteste, lo portò al di fuori di quella che risultò essere un’astronave e camminando attraverso una grande costruzione tipo hangar, in cui ne vide anche altre, entrò in una stanza in cui erano presenti altri due uomini e una donna, stavolta senza casco, ma con occhi completamente dorati. Lì, l’ultimo ricordo di Travis, questa donna gli si avvicinò e dolcemente, incurante dei ripetuti tentativi di ottenere spiegazioni, gli accostò una specie di mascherina al volto che gli fece perdere i sensi. Questi i fatti. Gli interrogativi sono i seguenti: dove è stato Travis in quei cinque giorni di infinite ricerche nel bosco, considerando che la temperatura di notte scendeva anche sotto lo zero e lui indossava solo una camicia ed una giacca? Come è possibile che a distanza di anni nessuno dei colleghi si è mai contraddetto nella versione dei fatti? Si sono susseguite varie vicende a conferma ed a smentita di questi fatti, che riguardano tutti i personaggi coinvolti nella storia, che vi invito ad approfondire sul web. Non potevo non accennarvi e credetemi, è solo un accenno, a quello che ad oggi è riconosciuto come il più rumoroso caso di “alien abduction” della storia, con il maggior numero di testimoni oculari e che però lascia tanti dubbi a molti… Ma non a me.

Bruno Foria
bruno.foria@libero.it

 

 

0 replies on “TRAVIS WALTON, LA “MADRE” DELLE ABDUCTION”