Qual è il confine che un amministratore pubblico non deve superare? Forse un avvocato la definirebbe una domanda suggestiva, visto che la risposta è o dovrebbe essere piuttosto semplice: un amministratore pubblico non deve varcare il confine della legalità, ovvero porre in essere comportamenti contro legge, né tenere condotte, apparentemente legali ma poco opportune, in grado di ridurre il proprio spazio di libertà e imparzialità, come il chiedere voti in ambienti a scarsa pratica di legalità. E ovviamente, deve agire per il bene collettivo, non per quello suo personale o di quanti gli hanno procurato voti.
Se questa è la cornice entro cui deve muoversi un amministratore pubblico – e leggendo prima di tutto la Costituzione non vi possono essere equivoci o interpretazioni di sorta – va detto allora che la domanda iniziale non è suggestiva, visto che al Comune di Caserta, i continui arresti non sembrano far vacillare l’asse di potere né lo inducono a fare un passo indietro (o di lato), ovviamente per il bene della città, come se i guai giudiziari fossero solo una tempesta passeggera e l’asticella della legalità a Caserta fosse piuttosto alta.
Il 13 giugno scorso l’indagine della Procura di Santa Maria Capua Vetere ha portato all’arresto per corruzione e falso dell’assessore ai lavori pubblici Massimiliano Marzo – depositario di un conflitto di interessi quasi senza precedenti, visto il doppio ruolo di imprenditore edile, fornitore di materiale per costruire e datore di appalti e lavori pubblici in cui, è l’ipotesi della Procura, quello stesso materiale era usato – dei dirigenti veterani Franco Biondi e Giovanni Natale, del dipendente Giuseppe Porfidia – tutti gli arrestati sono stati rimessi in libertà dal tribunale del Riesame – e al coinvolgimento come indagati del vicesindaco Emiliano Casale, accusato di voto di scambio, e del dirigente Giovanni Vitelli.
Nel 2021, per una vicenda di appalti dei rifiuti truccati nell’ambito di un’indagine della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, furono arrestati altri dirigenti del Comune e fu indagato il sindaco Carlo Marino, per il quale il 9 luglio è iniziato al tribunale di Santa Maria Capua Vetere, on altri imputati, il processo che ne è scaturito; lo stesso dirigente Biondi arrestato pochi giorni fa, compare da imputato in un altro processo sui lavori per il parcheggio sotterraneo di via San Carlo, finiti per la Dda di Napoli a ditte vicine al clan guidato da Michele Zagaria.
Qualche mese fa è stato condannato definitivamente per voto di scambio politico-mafioso l’ex vicesindaco Pasquale Corvino, e tornando indietro di pochi anni si possono ricordare le condanne per collusione con il clan Belforte dell’ex vicesindaco Enzo Ferraro, le grane processuali del superdirigente oggi in pensione Carmine Sorbo.
Dunque, a mio avviso, da un lato il Comune di Caserta non è quella “casa di vetro” che la legge vorrebbe diventassero gli enti pubblici, dall’altro le frequenti indagini sull’ente locale casertano attestano la presenza di più di un elemento per l’invio di una commissione d’accesso che verifichi una volta per tutte eventuali condizionamenti camorristici, così come emersi dalle indagini giudiziarie. Certo nel futuro potrebbe risultare che tutti gli amministratori indagati o imputati siano innocenti, ma la presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva è qualcosa che riguarda la singola persona che affronta le indagini o il processo, e non può coinvolgere un ente che è di tutti, anche di chi non ha votato o ha votato per un’altra parte, né può essere l’ancora di salvezza o quel vessillo da sventolare per tenersi legati al ruolo pubblico. E non parlo di “poltrone”, perché qui non c’è alcun giudizio morale o politico da dare, ma solo di ordine pratico. Caserta può essere amministrata da persone alle prese con continui guai giudiziari e il costante sospetto di aver anteposto i propri interessi a quelli pubblici? È mai possibile che a nessun amministratore pubblico casertano, se si eccettua qualche esponente dell’opposizione in Consiglio, né ad alcun un esponente del Pd che esprime il sindaco Marino e la maggioranza, né ad alcun personaggio più in vista, siano essi artisti o intellettuali, venga in mente che Caserta, come ogni altra città, ha diritto ad essere governata nel rispetto delle regole per una cultura condivisa della legalità e che l’immagine positiva che uma città proietta all’esterno e la stessa anima di una città sono frutto anche della condotta e dell’esempio di chi la governa? La cultura non è qualcosa di fine a sé stessa, ma a Caserta è così, declinata come cultura degli affari propri. Ciò va detto chiaro e forte, aprendo se necessario anche un dibattito pubblico.
Caserta non è zona franca né isola felice del malaffare. È vero che molti cittadini sembrano assuefatti al peggio, preferiscono sottomettersi al sistema di potere e chiedere favori al politico o al dirigente; e scrollano le spalle quando si vuole affrontare tale discorso. “Succede così ovunque” è la risposta. Ma questo non è vero, o meglio è vero che queste cose accadono anche in altre città, ma non con la frequenza con cui accadono a Caserta, che è inoltre un capoluogo di provincia e non una città di periferia. In altri centri esistono anticorpi nella società civile che entrano in funzione quando si supera un livello di guardia, che evitano che certi comportamenti contro legge si ripetano tanto da diventare normali. Nella mia città purtroppo ciò non accade, e a pagare sono sempre i cittadini, che sono costretti ad accontentarsi di servizi scarsi o scadenti. Perché i casertani devono essere governati da chi non pensa al loro benessere? Lo chiedo anche a chi scrolla le spalle. Da anni Caserta e la sua provincia sono agli ultimi posti della classifiche su vivibilità e servizi pubblici. E non è solo colpa dell’hinterland. Casal di Principe ha riscattato il suo nome, macchiato per decenni dal locale clan, con un sindaco serio e competente come Renato Natale, che da poco ha concluso il mandato. L’immagine di Caserta è invece sempre più fosca e cupa, mentre chi amministra va avanti come se nulla fosse.
Antonio Pisani.