VIOLENZA PRIVATA

Oggi voglio parlarvi di uno dei problemi più spinosi della nostra epoca moderna: il parcheggio dell’autovettura. Nei casi di maggiore gravità il problema può in effetti presentare risvolti penali, integrandosi il delitto di violenza privata previsto dall’art. 610 cod. pen. Questa fattispecie punisce chiunque, con violenza o minaccia, costringe taluno a fare, tollerare oppure non fare qualcosa ed è posta a tutela della libertà di autodeterminazione e di azione della persona. In un ordinamento democratico e liberale, nei limiti in cui non invado l’altrui libertà o violo le regole laicamente imposte dallo Stato, posso fare infatti sostanzialmente quello che mi pare. Se dunque, per esempio, il condomino al quale per una qualche ragione state sugli zebedei parcheggia intenzionalmente la sua autovettura in maniera tale da impedirvi l’accesso alla rimessa condominiale e, richiesto più volte di spostare il veicolo, ostinatamente si rifiuta, sappiate che ha superato il limite della cattiva educazione per invadere il campo del codice penale, avendo commesso nei vostri confronti il delitto sopra citato di violenza privata. C’è di peggio certo nella vita, ma pur sempre di delitto si tratta, perché la violenza idonea a integrare il delitto in parola può essere anche “impropria”, cioè non esercitata direttamente sulla persona ma comunque diretta a esercitare pressione sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione o azione (così, per esempio, Cass. pen., sez. V, n. 603 del 2012). Se dunque, al colmo dell’esasperazione, nella circostanza appellerete come “delinquente” il vostro vicino rompiscatole, magari in presenza degli altri condomini attirati dall’accesa discussione insorta tra voi, l’eventuale controdenuncia del parcheggiatore da strapazzo nei vostri riguardi, per ingiuria o diffamazione, dovrebbe così essere infondata. Attenzione però a non trascendere nella reazione al pur illegittimo comportamento del vicino, e in generale altrui. Vi sarà capitato almeno una volta nella vita, per esempio, di trovare finalmente uno spazio proprio acconcio al parcheggio del vostro bolide, sgombro da veicoli ma inopinatamente presidiato da uno o più soggetti appiedati, intenti nella pessima abitudine di conservare il posto all’amico o parente automobilista in procinto di sopraggiungere. Se è vero infatti che si è al cospetto di un comportamento illegittimo, perché si estrinseca nell’occupazione di spazi destinati al parcheggio delle autovetture e non allo stazionamento dei pedoni e impedisce il posteggio a una vettura già presente, se la vostra reazione consiste nel provare a buttare sotto gli autori di questa benché oggettivamente fastidiosa condotta, commetterete quantomeno il delitto di esercizio arbitrario delle proprie ragioni previsto dall’art. 393 cod. pen., per avere arbitrariamente provato a farvi giustizia da soli, come novelli Charles Bronson (“Il giustiziere della notte”, film di azione del 1974); per un caso realmente accaduto si veda, invece, Cass. pen., sez. V, n. 43873 del 2007: la cosa singolare è che il caso in questione non si è verificato a Napoli, Caserta o in altre lande più o meno a noi vicine, bensì in quel di Bolzano e vi assicuro che il nome dell’imputato suonava decisamente teutonico.

Antonio Riccio

 

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